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Biscéglie[4] (Vescégghie in dialetto biscegliese[5]) è un comune italiano di 53 521[6] abitanti della provincia di Barletta-Andria-Trani in Puglia. È un importante centro agricolo, con industrie manifatturiere prevalentemente nel campo tessile.

Indice

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]
Territorio[modifica | modifica wikitesto]
La città si affaccia sul mare Adriatico per uno sviluppo del litorale di circa 7,5 km, fra i comuni di Trani, a nord, e Molfetta, a sud.
Il territorio comunale, prevalentemente pianeggiante, scivola verso il mare solcato da diverse lame, nelle quali il microclima è particolarmente favorevole alla proliferazione di flora e fauna. Il territorio comunale si spinge per alcuni chilometri verso i centri di CoratoRuvo di Puglia e Terlizzi, incontrando così i primi pendii delle Murge.
L'altimetria è compresa fra 0 e 160 metri di altitudine sul livello del mare. La città si estende prevalentemente in una fascia compresa fra il tratto costiero e la linea ferroviaria Bologna - Lecce, con alcune propaggini che vanno oltre la strada ferrata (quartiere di Sant'Andrea, zona artigianale, zona industriale). Il nucleo più antico della città, un tempo limitato da due lame che convergevano verso il bacino portuale, sorge su una porzione di territorio predominante rispetto alle aree successivamente urbanizzate.

Clima
La città è caratterizzata da un clima mediterraneo con inverni miti continentali umidi ed estati calde e umide. Le escursioni termiche sono contenute dall'azione mitigatrice dell'Adriatico. Essendo una città costiera, l'umidità relativa si mantiene molto elevata in tutto l'anno, oscillando mediamente tra il 70% e 90%. Tuttavia, la città nei mesi invernali è spesso influenzata dalle correnti fredde di provenienza nord-orientale, che sporadicamente determinano precipitazioni a carattere nevoso. Le piogge, concentrate nei mesi invernali, sono caratterizzate da un regime estremamente variabile.
Origini del nome
Sull'origine del nome di Bisceglie le ipotesi più accreditate sono due. La prima sostiene che il nome, tramite il dialetto Viscile o Vescegghie, a sua volta trovi la radice nell'antica voce Visciju (querciola). Il querciolo è la quercia di Palestina, una specie che si sviluppa sia come albero che come arbusto. Tale quercia, che in Italia è solo presente in Puglia, Basilicata e Sicilia, in passato era particolarmente abbondante nella zona di Bisceglie.[7]
L'altra ipotesi, sempre via voce dialettale, fa risalire il nome al latino vigiliae[8], sentinella, nelle forme antiche VigilasVigilarum civitatisVigilieVigilia e Biscilia. Questa ipotesi è stata ed è sostenuta da chi ritiene che in epoca romana esistessero nel territorio dei posti di controllo e di guardia sulla via Traiana, o ci fossero delle postazioni di guardia con torri e vedette lungo la costa, per difendere una vasta area dalle eventuali invasioni di pirati.

Storia
[Image: 45px-Question_book_magnify.svg.png]
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Origini della città
[Image: 220px-Bisceglie_dolmen_della_chianca_5.JPG]
Il Dolmen della Chianca nell'agro di Bisceglie

Il territorio di Bisceglie fu abitato sin da epoche remote.
Nel paleolitico le grotte presenti nel territorio furono abitate da una popolazione di stirpe mediterranea. Ne dimostrano la presenza e l'attività umana le numerose pietre scheggiate (armi e utensili), i resti di animali di specie estinte (leone cavernicolo, orso delle caverne, buoi e cavalli primigeni), i resti di animali di specie remote (rinoceronteienacervo) ed il femore umano curvo attribuibile all'uomo di Neanderthal rinvenuto nella grotta di Santa Croce e attualmente conservato nel museo archeologico nazionale di Taranto.
Nella grotta dello zembro[9], invece, furono ritrovati alcuni resti di ceramica del periodo neolitico.
Nell'età del bronzo vennero costruiti nell'agro di Bisceglie, dalle primitive genti che qui vi abitavano, imponenti sepolcri denominati dolmen. I più interessanti per qualità sono: il dolmen della Chianca (dal termine dialettale chienghe, lastrone di pietra), il dolmen di Albarosa e il dolmen di Frisari.

Periodo greco-romano[modifica | modifica wikitesto]
Quando la parte centrale della Puglia venne occupata dai Peucezi, secondo ipotesi non sostenute da sufficienti prove archeologiche, l'area del pulo di Molfetta e la contrada di Navarino, nel territorio di Bisceglie, furono sede di coloni greci che avrebbero lasciato le loro terre natìe di Pylos e Nabàrinon in Grecia, da cui sarebbero derivati i toponimi.[10] Nel III secolo successivo alla guerra di Pirro, il territorio cadde sotto il dominio di Roma, e pur solcato da nuove strade continuò ad essere una zona di transito e un locus di scarsa importanza.[11] A tal proposito è utile ricordare la presenza di una pietra miliare di epoca romana disposta nei giardini di piazza Vittorio Emanuele II in prossimità della strada nazionale.
Alto medioevo[modifica | modifica wikitesto]
Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente l'Agro biscegliese era caratterizzato dalla presenza di piccoli grumi di case circondate da alti muri e spesso contigue a tempietti religiosi. Di questi caseggiati, detti casali, vengono annoverati per importanza storica il casale di Giano risalente all'età romana, il casale di Cirignano, il casale di Pacciano, il casale di Sagina, ed il casale di Zappino.
Dai primi anni del VII secolo e fino all'883 il territorio biscegliese rimase sotto il Gastaldato Longobardo di Canosa.
Verso il 700 il casale di Giano, antico luogo di culto pagano, divenne sede di un ricco monastero; mentre nel 789 alcune case del casale di Pacciano furono cedute al celebre monastero di Santa Sofia. In questo contesto vi era un luogo, lungo la costa, aspro e denso di vegetazione, che costituiva un buon riparo per le imbarcazioni, e che fu denominato dagli abitanti Vescègghie, dal nome delle querce selvatiche diffuse tutt'intorno. Questo luogo fu il naturale sbocco al mare di quei contadini che lentamente si avviarono ad una modesta attività marinaresca. Sorse così un piccolo borgo marinaro denominato Vescègghie, coevo alla costituzione di altri borghi di origine longobarda come Giovinazzo sulla costa Adriatica e Terlizzi, nell'entroterra.
Dall'800 il territorio venne assoggettato al gastaldato longobardo di Trani, in quel periodo fiorente città adriatica. Successivamente, per circa un trentennio, la terra di Bari fu tenuta dai Saraceni, per poi passare ai Longobardi ed ai Bizantini.

Il periodo normanno-svevo e angioino[modifica | modifica wikitesto]
Architetture rupestri e insediamenti[modifica | modifica wikitesto]
Casali di Bisceglie

Casale di Pacciano

I Casali[modifica | modifica wikitesto]
Nell'agro biscegliese sono stati presenti in passato ben 10 antichi Casali di epoca medievale e longobarda, testimoni della presenza di genti che abitavano stabilmente questi luoghi. Tuttavia nel corso del tempo, tra invasioni e guerre, sono ben pochi i casali rimasti integri, dei restanti o si hanno poche tracce, o l'unico indizio rimasto è quello toponomastico. Non tutti i Casali si sono sviluppati alla stessa maniera e nello stesso periodo, infatti, i Casali di Giano, Pacciano, Sagina e Vigiliae, sorgono su siti romani.
La causa della nascita di questi piccoli centri rurali, è da attribuirsi alla caduta dell'Impero Romano, e all'avvento dei Longobardi e Bizantini. Le genti lasciate alla mercé di scorribande dei barbari, iniziarono ad aggregarsi in piccoli centri, con una propria podestà, con proprie leggi e culti. Tali centri vennero muniti di mura, chiese casaline e torri d'avvistamento, e mediamente vi erano insediati tra i 20 o 30 fuochi (famiglie).
Il declino avvenne con l'arrivo dei Normanni, che assicurarono un rifugio più sicuro presso il Casale Vigiliae, da loro fortificato come "castrum", e dal pericolo crescente che arrivava dalle campagne a causa dei nuovi conflitti politici. Così facendo, i Casali si spopolarono a poco a poco, ma non del tutto per un buon periodo di tempo, le genti confluirono nella neo città di Vigiliae, apportando in essa le identità casaline (religiose specialmente), tutelate dagli stessi Normanni.
Grotte[modifica | modifica wikitesto]
Nel territorio di Bisceglie si trovano lungo il corso delle lame di Santa Croce e lama d'Aglio, antiche vie di comunicazione tra l'entroterra e la costa, importanti insediamenti neolitici e paleolitici che sono stati oggetto di esplorazioni archeologiche in tempi diversi.
Grotta di Santa Croce[modifica | modifica wikitesto]
La grotta è lunga 100 metri, al suo interno è stretta verso l'alto e si allarga progressivamente sino a formare ambienti molto ampi verso il basso.
Nella grotta sono state rinvenute concrezioni, stalattiti, reperti risalenti all'industria litica del periodo musteriano come 2200 punte, raschiatoi e schegge, un femore neandertaliano, e fauna pleistocenica.
Altri strati hanno riportato alla luce strumenti litici dell'Epigravettiano finale (11000 anni fa) come frammenti ceramici neolitici e frammenti dell'età del bronzo – ferro.
La grotta di Santa Croce fu individuata nel 1937 da Francesco Saverio Majellaro, al quale è dedicato il Museo Civico Archeologico di Bisceglie.

I Dolmen[modifica | modifica wikitesto]
In prossimità delle lame maggiori, sono localizzate, su terrazzi pianeggianti, alcune importanti strutture dolmeniche.
Dolmen della Chianca[modifica | modifica wikitesto]
Il dolmen della chianca
Il dolmen della Chianca è un monumento megalitico tra i più importanti d'Europa, per dimensioni, bellezza di linee e stato di conservazione.
Fu scoperto il 6 agosto 1909 dagli archeologi Mosso e Samarelli. La struttura, databile all'età del Bronzo medio, appartiene alla tipologia della tomba a corridoio largo, composta da una cella sepolcrale e da un corridoio di accesso.
Tutto il materiale litico che compone il dolmen è in pietra calcare provenientedal territorio circostante.
Il corridoio - lungo 7,50 m - è formato da lastroni piatti, infissi verticalmente nel terreno, di altezza notevolmente inferiore rispetto a quelli della cella.
Pertanto, la lunghezza totale è poco meno di 10 m ed ha l'ingresso rivolto ad est.

Dolmen di Albarosa[modifica | modifica wikitesto]
Il dolmen di Albarosa fu eretto a poco meno di 1 km dal dolmen della Chianca.
Il tumulo è ubicato nell'omonima contrada posta sulla strada provinciale Bisceglie - Ruvo di Puglia, a circa 8 km dal centro urbano.
Anche questo dolmen fu scoperto nel 1909 da Francesco Samarelli all'interno di uno specchione a pianta ellittica. Esso è costituito da sette lastroni verticali, tutti costituenti le pareti del sepolcro.
Al momento della scoperta furono rinvenuti alcuni oggetti in ceramica lavorata a mano, resti umani, schegge di selce e alcuni bollitoi di pietra calcarea lavorati a mano.

Dolmen Frisari[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1909 il dolmen Frisari fu oggetto di una prima esplorazione archeologica da parte del Gervasio. Già in quel periodo il megalite si presentò semidistrutto e privo di copertura.
Esso appartiene alla tipologia di tumulo a pianta ellittica, composto da cella sepolcrale, larga 2 m e lunga circa 4 m, preceduta da un dromos.
Il monumento megalitico databile al periodo dell'Età del bronzo (proto appenninico), si affaccia ai primi declivi della sponda sinistra della caratteristica incisione carsica di lama dell'Aglio, in prossimità del crocevia di confine con i territori di Molfetta e Ruvo di Puglia, non molto distante dal dolmen di Albarosa e dal dolmen della Chianca, e prossimo al casale detto torre di NavarrinoCoordinate
[Image: 17px-WMA_button2b.png]41°14′27.36″N 16°30′07.42″E
Altitudine
16 m s.l.m.
Superficie
69,25 km²
Abitanti
53 521[1] (31-12-2023)
Densità
772,87 ab./km²
Comuni confinanti
Corato (BA), Molfetta (BA), Ruvo di Puglia (BA), Terlizzi (BA), Trani
Altre informazioni
Cod. postale
76011
Prefisso
080
Fuso orario
UTC+1
Codice ISTAT
110003
Cod. catastale
A883
Targa
BT
Cl. sismica
zona 3 (sismicità bassa)[2]

Altri dolmen[modifica | modifica wikitesto]
Il "dolmen di Giano", cosiddetto perché si trovava nelle immediate vicinanze del "tempio di Giano" in contrada Santeramo, si trova in prossimità di una lama. Di questo dolmen, distrutto nel 1975, non resta più niente, se non minutissimi frammenti di roccia del dromos. Anch'esso può considerarsi analogo agli altri dolmen presenti nell'agro biscegliese.
Il "dolmen di Santa Croce" ubicato in località lama Santa Croce, non molto distante dagli altri megaliti biscegliesi, che presenta analogie con i dolmen salentini[25].
Nel territorio di Corato, non lontano dal confine con Bisceglie, si può ancora visitare il "dolmen dei Paladini".

Siti di interesse[modifica | modifica wikitesto]
Zona Pantano-Ripalta[modifica | modifica wikitesto]
La località, che occupa un'area pari a 685 ettari lungo la costa fra Bisceglie e Molfetta[26], è definita di interesse naturalistico nel Decreto Ministeriale n. 30 del 1º agosto 1985, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 06/02/1986. Il sito, di elevato valore paesaggistico, rappresenta un elemento morfologico e strutturale di grande importanza per la definizione olistica del paesaggio costiero e carsico pugliese. Il paesaggio vegetale, guardato nel suo insieme, è caratterizzato da campi agricoli: dominano l'olivo, il mandorlo, i vigneti con impianto a tendone e gli orti disalberati, segno evidente che la mano dei coltivatori ha contribuito non poco a trasformare il luogo, un tempo completamente ricoperto da vegetazione tipica delle zone umide e della macchia mediterranea.
Orto botanico comunale Veneziani-Santonio[modifica | modifica wikitesto]
A ridosso della strada ferrata, in prossimità della "lama fondo noce", si trova l'orto botanico comunale "Veneziani - Santonio", donato al Comune di Bisceglie dalla famiglia che ne era proprietaria.
Il giardino, già organizzato sul finire dell'Ottocento, conservava originariamente una raccolta di piante di Ficus (Moraceae), Succulente CactaceaeAloe LiliaceaeAgavi AgavaceaeCallistemon Mirtaceae ed altre specie come la Chorisia speciosa, la Jacaranda, specie del genere Brachychiton, Phoenix, ed altre specie rare.

Lungomare di Ponente e Teatro Mediterraneo[modifica | modifica wikitesto]
[Image: 220px-Bisceglie_porto_6.JPG]
Il lungomare di ponente visto dal ristorante “Salsello”

Sul finire degli anni Ottanta, l'incalzante fenomeno dell'erosione marina che riguardava in particolar modo il tratto di costa balneare compreso fra Bisceglie e Trani, indusse l'Amministrazione a dotarsi di un piano di recupero costiero dell'intero litorale di Ponente.
Le opere realizzate, impostate secondo criteri di architettura del paesaggio, attualmente costituiscono un imponente ed originale sistema di percorsi ~removed~ e ciclabili, articolati su più livelli, che si sviluppano per circa 3 km sull'intero litorale ponentino.
Il "waterfront"[27] dell'intero sistema, caratterizzato da un'altimetria variabile fra 2 m s.l.m. e 13 m s.l.m., appare come un'enorme muraglia in pietra a secco che, interrotta a tratti da elementi rocciosi preesistenti, trova una scenografica apertura sul mare in corrispondenza del Teatro del Mediterraneo, in località Trullo Verde.


Società[modifica | modifica wikitesto]
Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]
Abitanti censiti[28]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica wikitesto]
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2018 la popolazione straniera residente era di 1 458 persone.[29] Le nazionalità maggiormente rappresentate erano: Dialetto biscegliese[modifica | modifica wikitesto]
"Lingua odorosa di terra e di mare,
sobria come il nostro pane,
violenta come il nostro sole,
rude e amara a volte,
ma sempre sincera e virilmente ottimista"
(Mario Cosmaidialetto biscegliese)

Dialetto biscegliese
Dialìtte vescegghiàse
Parlato in
[Image: 20px-Flag_of_Italy.svg.png] Italia
Regioni
[Image: 20px-Coat_of_Arms_of_Apulia.svg.png] Puglia
Locutori
Totale
55.000 circa (esclusi abitanti all'estero)
Classifica
non in top 100
Tassonomia
Filogenesi
Indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Dialetti italiani meridionali
    Apulo-barese
     Biscegliese
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Dechiarazione de le derìtte de l'umene - Art.1
Tutte re crestiène nèscene líbere e tìnnene la stéss'a degnetò e le stésse derìtte. Tìnnene cervèidde e chescìnze e s'honne a chembertò come ce fossere fròte iùne co l'alte.
Manuale

Su di esso vi è una leggenda secondo cui san Nicola Pellegrino, arrivato in Puglia dalla Licia per diffondere il Vangelo di città in città, giunse a Bisceglie. Qui gli abitanti rimasero insoddisfatti e delusi del Santo, che schivo e di poche parole si limitava a concludere i propri discorsi con "kyrie, kyrie eleison", tanto che lo scacciarono in malo modo. San Nicola, risentito, pregò Dio che punisse i biscegliesi storpiando la loro parlata, come infatti avvenne. Per questo motivo i biscegliesi quando parlano tendono a storcere un po' la bocca, e soprannominati quindi come vòcche stóurte.[30]
La fonetica del dialetto è regolata da leggi rigorose e costanti, soprattutto se si tiene conto del processo di trasformazione dalla lingua più antica, come il latino popolare, alla lingua più recente, come il dialetto. A mo' di esempio, il passaggio del suono PJ latino nella doppia cc dialettale, rappresenta una legge fonetica, come in sapjo (tardo latino) da cui deriva sacce (dialetto). Sul piano etimologico, ci sono alcune parole che derivano dal greco[31], altre dal latino popolare[32], la maggior parte dei termini deriva dall'italiano[senza fonte] che va conquistando sempre maggior spazio. Ma oltre ai grecismi antichi, vi sono anche i germanismi[33], i bizantinismi[34], gli ispanismi, gli arabismi, i francesismi e tracce di lingua pre-indoeuropea[35].
Nel 1892, Domenico Pastore, dopo aver partecipato e vinto un concorso nazionale organizzato dal Ministero della pubblica istruzione nel 1890, pubblicò il dizionario italiano – biscegliese e biscegliese – italiano.
Successivamente, nel 1925, l'arcidiacono, studioso di latino e greco, Francesco Cocola diede alle stampe Il vocabolario dialettale biscegliese – italiano comprendente 12778 voci. Quest'ultima opera rimane un punto di riferimento per il recupero di vocaboli che sono scomparsi o rischiano di scomparire.
Per completare il panorama degli studi sul dialetto biscegliese risultano importanti i lavori, che seguono un ordine cronologico, svolti da Jolanda De Gregorio, dal linguista russo Vladimir 
cuzziello


Don Pancrazio Cucuzziello
Don Pancrazio Cucuzziello, detto anche il biscegliese, è una maschera di ispirazione locale già affermatasi nella prima metà dell'Ottocento, con grande entusiasmo del pubblico, nei teatri di Napoli. Qui, grazie all'opera dell'attore napoletano Giuseppe Tavassi e di altri autori napoletani come Pasquale Altavilla, fu il protagonista sulle scene del teatro San Carlino, in concorrenza con Pulcinella. La maschera biscegliese impersonava il tipo del pugliese trapiantato nella capitale del regno, laborioso, parsimonioso e schivo nel parlare, cioà l'esatto l'opposto del napoletano, ozioso, spendaccione e ciarliero[36]. Guercio e claudicante, simile alla maschera veneziana Pantalone, con un abito di velluto nero e maniche, berretto e calze in rosso, appoggiandosi sul pomo di un bastone, quando appariva sulla scena provocava, anche per il suo dialetto, risate irrefrenabili.
Questa maschera fu portata in auge agli inizi del Novecento da un attore biscegliese, Raffaello Bianco, che ne cambiò il nome in Pippo Cocozza, e, verso la seconda metà dell'Ottocento da uno scrittore francese, Paul De Musset, che ne prese spunto per una sua novella. Nel 1975 una compagnia teatrale barese ripropose in Puglia e anche in altri teatri italiani la maschera, un po' dimenticata, di Don Pancrazio

Nella tradizione bismarce funebri, si incontrano al Calvario. Nel tardo pomeriggio si svolgono le processioni dei Misteri, statue lignee del Settecento raffiguranti i momenti della passione di Cristo, che partendo da chiese diverse confluiscono tutte in un'unica processione, intorno al Palazzuolo. I cortei sono seguiti dalle Confraternite, i cui membri indossano particolari abiti di origine medioevale, e recano nella mano destra un cero acceso. L'ultimo corteo è quello del Cristo morto in la catène, venerato nella chiesa di San Matteo. La messa di Resurrezione viene celebrata nella tarda serata del sabato. La Pasqua ha un'appendice festiva nel lunedì dell'Angelo che assume la denominazione biscegliese di lunedì del Pantano, perché in passato la gente si recava a trascorrere la pasquetta nella zona del Pantano, un'amena località, oggi riserva naturale, fra Bisceglie e Molfetta.
Le fiere campestri e rionali che si svolgono subito dopo la Pasqua fino alla Pentecoste sono: la fiera di Zappino e quella successiva di Giano (entrambe si tengono nei rispettivi casali medioevali), seguono le fiere delle chiese di San Lorenzo, Sant'Agostino, di Santa Maria della Misericordia, della Madonna di Passavia e di Sant'Adoeno.
Il giorno dei defunti il cimitero si popola di gente che si aggira tra le tombe adorne di lumi, ceri e fiori. Anticamente vi era l'usanza di lasciare un cero acceso nel caminetto con la tavola apparecchiata, con i resti della cena. Secondo un'antica credenza popolare, i defunti portano ai bambini dei regali, detti l'èneme de le móurte[37], che ricevono in una calza appesa al letto. Il cibo tradizionale di questo giorno è la cólve (u farne de re cóutte)[38].
Alla vigilia della festa dell'Immacolata si prepara la cena tradizionale, consistente in un piatto di rape, baccalà fritto e nel gustoso calzone. Fino alla metà degli anni ottanta erano preparati ed accesi, per devozione, dei grandi falò, detti fami.[39]

La festa dei Tre Santi[modifica | modifica wikitesto]
[Image: 18px-Magnifying_glass_icon_mgx2.svg.png]Lo stesso argomento in dettaglio: Mauro, Sergio e Pantaleone.
[Image: 150px-Puglia_Bisceglie4_tango7174.jpg]
Le reliquie dei tre Santi nella cripta della Cattedrale di Bisceglie

La festa patronale si svolge in tre giorni verso la seconda domenica di agosto nelle forme che si tramandano ormai da diversi secoli. Questa festa ha le radici nella "Traslazione dei Santi" dal casale di Sagina, ubicato nell'agro, all'interno delle mura, nel borgo marinaro. In passato si svolgeva il 30 luglio, giorno in cui attualmente la gente si reca nella concattedrale per visitare le sacre reliquie.
La festa ha inizio il sabato mattina. Alle otto, il segnale prolungato della sirena della torre maestra e il suono delle campane di tutte le chiese, uniti agli scoppi di bombe a salve, aprono i festeggiamenti. Sempre il sabato mattina, gira per le vie della città u tamburre, una bassa banda[40] costituita da alcuni suonatori di piatti, di tamburi, uno di flauto e da uno di grancassa, che suonano alcune marce.
Il sabato sera la gente si riversa nel Palazzuolo, centro della festa, dove tra l'altro viene organizzato anche un mercato con bancarelle di ogni genere. Il palazzuolo, via Marconi, via cardinale dell'Olio ed altre vie in prossimità del duomo, vengono addobbate con particolari luminarie. Sulla facciata del Teatro Garibaldi, viene eretto un altare ornato di luminarie, drappi e fiori in cui viene inserita un'immagine dei Santi Patroni, detta “il quadro”. Al centro del Palazzuolo viene disposta una cassa armonica, intorno a cui la gente ascolta la musica eseguita dalle varie bande che si susseguono.
La domenica, alle dieci, la gente si riversa nella concattedrale dove si trovano esposte ai fedeli le statue dei Tre Santi. Alle ore venti, dopo lo scoppio dei fuochi pirotecnici, ha inizio la solenne processione dei Tre Santi. Aprono il corteo i devoti, le congreghe delle parrocchie ed il vescovo in pompa magna. Seguono le statue dei Santi, rivestite in oro e argento, portate a spalla dai confratelli dell'antica congregazione dei Santi. Dietro il baldacchino avanzano le autorità e le bande musicali. Al rientro della processione, verso la mezzanotte, la gente si assiepa sulla muraglia e lungo tutto il porto per assistere ai fuochi pirotecnici lanciati dal nuovo molo.
La festa riprende il lunedì, quando un gruppo di fedeli seguìto dalle bande musicali accompagnano in cattedrale il “quadro” dei Santi. La chiusura della festa viene celebrata con i fuochi pirotecnici lanciati dal bacino portuale.

La festa dell'Addolorata
[Image: 18px-Magnifying_glass_icon_mgx2.svg.png]Lo stesso argomento in dettaglio: Maria Addolorata.

La Madonna Addolorata

È il dolce preferito dalla pasticceria locale. Dalla sua denominazione si coglie perfettamente l'essenza del “dolce sospiro”, un impasto fatto con pochi ingredienti, banali, tutti appartenenti alla tradizione locale. Pare che la ricetta si tramandi dal lontano XV secolo, quando le Clarisse producevano e sfornavano i cosiddetti "sospiretti delle monache", realizzati con pan di Spagna farcito con crema e il tutto ricoperto da una glassa di colore rosa.
Una leggenda racconta che questi dolci furono preparati dalle Clarisse in occasione delle nozze di Lucrezia Borgia. Ma la sposa non arrivò mai; nel frattempo gli ospiti sospiravano appunto per l'attesa e quindi questi dolci, dalla forma provocatoria perché riproducenti il seno femminile, furono mangiati. Una testimonianza certa arriva dall'eremita Aleandro Baldi che li descrive così: "A Visceglia si confeciuma una zacchero assai gustoso e buono".

La cucina tradizionale biscegliese è in perfetto equilibrio tra terra e mare.
I piatti tipici sono: ceci e cavatelli; ceci e pasta; cime con strascinati (simili alle orecchiette) e cardi (piante di carciofi lessate e cucinate in brodo con l'uovo); cime e strascinati assése; patate, cozze e checozze[51] al forno; sevéirchie de checòzze e chechezzéidde mbregatorieciammarechéidde cu premedòle[52]l'arancia rotta all'acquau sfricone[53]l'acquasale[54]la cialdédde[55]; strascinati e cime di rapa; pane, pomodoro, olio e sale.
Completano queste pietanze: il pesce, servito in tutte le salse, tra cui quello servito alla griglia e u ciambotte[56], ma anche prelibatezze marinare come alici marinate, ricci, piccoli polpi e seppioline crude condite con limone e olio e cozze crude oppure cotte; le braciole e l'arrosto di castrato; le gnimbredde[57].
Tra la frutta, primeggiano le ciliegie di Bisceglie, l'uva da tavola del genere "baresana" (detta anche turchesca o lattuario bianco), l'uva "regina" e l'uva "cardinale".
Una tipica ghiottoneria locale è u calzaune, una focaccia ripiena di sponsali lessati e baccalà, olive nere, acciughe, diabuicchie (peperoncino) e uva passa. Un'altra varietà di calzone è preparata con pomodori, ricotta forte e cipolla. Rientra nella tradizione mangiare il calzone alla vigilia dell'Immacolata ed alla vigilia di Natale.
I dolci tipici della cucina locale sono: le cartellate, dolci preparati in occasione delle feste natalizie; i pizzetti fatti con mandorle arrostite, zucchero e cacao; i marzapane; le sapienze, fatte con farina, zucchero e marmellata; le ciambelle, fatte con farina e uova e inzuppate nel giléppe (glassa), preparate per le feste pasquali; le zeppole, fatte con uova, farina, un po' di burro e fritte in forma di taralli servite in occasione della festa di San Giuseppe; la schiuma di uova; la scarcellau seseméiddela còlve, preparata il giorno dei morti con grano bollito condito con abbondante vin cotto[58], mandorle tritate, pezzi di noce, pezzetti di cioccolato, chicchi di melograno; le pestazze e la monacau calzengéidde; il "sospiro"[59]. Quest'ultimo è il dolce tipico biscegliese più famoso, tutelato dal consorzio Pasticceri di Bisceglie, che ne hanno redatto il disciplinare (ingredienti e preparazione), legando ulteriormente la storia di questo dolce alla storia della città stessa.

Geografia antropica[modifica | modifica wikitesto]
Urbanistica[modifica | modifica wikitesto]

Espansione urbana di Bisceglie

Dall'evoluzione urbana della città risulta chiaro che già sul finire del XVIII secolo i due quartieri esterni al nucleo più antico, delimitato dalle mura aragonesi e cresciuto in simbiosi con la natura, si formarono spontaneamente ai margini delle fortificazioni.
L'espansione extra moenia settecentesca, che seguiva come dei tentacoli i solchi scavati dalle due "lame" ai fianchi della città murata, venne ricucita ad un tessuto urbano ottocentesco, più regolare, che si sviluppò intorno al grande pomerium denominato Palazzuolo.
La realizzazione del tronco ferroviario Foggia – Bari e la costruzione del fabbricato viaggiatori avvenuta nel 1864, determinò un nuovo orientamento nell'espansione urbana di fine Ottocento, limitata ad ovest dalla costruzione del camposanto (1863). Già nel 1874 era stato affidato all'ingegnere barese Giorgio De Vincentiis l'incarico di redigere per Bisceglie un piano regolatore e d'ampliamento[60] che trovò nella stazione un elemento di orientamento della nuova espansione urbana. L'idea di collegare con un asse viario il fabbricato viaggiatori con piazza del mercato (attuale piazza San Francesco) ed il Palazzuolo, ripresa nel piano di ampliamento del 1909 redatto dall'ing. Gaetano Ventrella, diede luogo nel 1928 alla realizzazione del Rettifilo[61].
Tuttavia, la costruzione della ferrovia ha rappresentato, almeno fino alla metà del secolo scorso, un nuovo limite urbano che ha segnato l'organizzazione del territorio nella direzione est – ovest
ente e fa parte del più ampio progetto della costruenda ciclovia Adriatica che collegherà tutte le località costiere dell'Adriatico.
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